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Questa nuova produzione de La Damnation de Faust di Hector Berlioz, con la regia di Damiano Michieletto, ha debuttato ieri sera al Teatro dell’Opera di Roma, aprendone la stagione.
Le scene sono disegnate da Paolo Fantin, i costumi sono di Carla Teti, le luci di Alessandro Carletti. Roca Film ha realizzato i video.

La scena mostra il laboratorio di Mefistofele ed è completamente bianca. Ad un livello rialzato rispetto al palcoscenico si trova il coro che sembra pregare ad un funerale in quella che dà l’impressione di essere una chiesa. Al di sotto, due corridoi illuminati con neon conducono ad una luce indefinita sul fondo. Questi si aprono e chiudono con due portelloni e nel mezzo si trova uno schermo fisso sul quale sono riprodotte le riprese video.
Scenography Today ha intervistato Paolo Fantin per conoscere meglio la sua scenografia.
[GP] Paolo Fantin, chi è il Faust che portate in scena?
[PF] Il nostro Faust è un ragazzo adolescente in piena crisi di vita. E il diavolo è quello che a volte è dentro di noi e ci logora, è la depressione. Temporalmente l’intero spettacolo si svolge nel momento in cui Faust decide di uccidersi e noi raccontiamo il perché del suo gesto.

Come lo raccontate?
Attraverso delle visioni. Narriamo il suo passato raccontando soprattutto ciò che gli manca nella vita. Faust si uccide perché non ha rapporti interpersonali, si ripiega su se stesso, non ha qualcuno che lo guardi negli occhi. Raccontiamo della madre morta quando era piccolo e del padre alcolizzato. Raccontiamo il bullismo che gli si ritorce contro.
Parliamo della scena. Quale è la funzione dei corridoi?
Dai corridoi emergono le memorie di Faust. Mi sono ispirato ai racconti di pre-morte, ho cercato di ricreare quel tunnel bianco che molti riferiscono di aver visto.

Usate i corridoi sia in scena sia ricorrendo alla Steadicam.
Sì, abbiamo due operatori Steadicam in scena. Una telecamera riprende quanto avviene in palcoscenico mostrando i piccolissimi dettagli invisibili allo spettatore in platea, ad esempio una chiave nella bara che è la chiave di tutta l’opera ma di cui si capirà il significato solo alla fine.
Poi c’è la Steadicam che segue i personaggi nei corridoi una volta chiusi i portelloni. Lo spettatore continua a vedere quanto accade dentro sullo schermo di 6 x 3 m posto al centro e che per noi è l’occhio di Mefistofele che guarda e analizza Faust al microscopio come fosse una cavia. Possiamo dire che la telecamera è il suo occhio.

Questa è una scenografia molto simbolica. Cosa ci dici dell’Eden?
Quando Margherita e Faust si incontrano e c’è il loro duetto, Mefistofele crea per loro l’illusione di essere Adamo ed Eva nell’Eden. È un Eden molto strano però, perché l’albero è a testa in giù, tutti gli elementi sono al contrario proprio perché creati da Mefistofele.

Vediamo un riferimento all’arte rinascimentale.
Sì, mi sono ispirato ai quadri di Lucas Cranach, che rappresentano l’Eden con colori vivi e tocchi di luce molto belli. Li ho presi e modificati in modo da creare una visione 3D, come se i personaggi si trovassero in un quadro. Il quadro, però, si distruggerà in un secondo dopo il loro incontro, come un’illusione, una scenografia. C’è anche una scritta al neon dal tono ironico che riporta ‘Paradisus’. La scritta esploderà allo svanire del sogno e il paradiso si distruggerà.

Ci sono anche molti elementi di attrezzeria di valore metaforico.
Sì, c’è l’altalena con i seggiolini a testa in giù in questo mondo al contrario e senza gravità di Mefistofele. C’è la trave da ginnastica artistica su cui Margherita e Faust bambini cercano di incontrarsi e rimanere in un equilibrio che Mefistofele romperà, o ancora il contorno tracciato in rosso da Margherita, così come rossi sono l’altalena e il vestito di lei.

In scena c’è un elemento fisso, il lettino.
È il lettino della camera di Faust. In realtà tutta la storia nasce e finisce lì e la storia racconta il momento in cui egli decide di uccidersi. Quando abbiamo iniziato a pensarci mi è venuta in mente la storia della blue whale, di questi ragazzi che si creano un percorso, un viaggio nel loro isolamento sociale e finiscono col buttarsi da un palazzo.

E infatti alla fine Faust crederà di essere in mezzo ai quadri fiamminghi di Cranach ma in realtà sarà su un palazzo e il video ci mostrerà le sue gambe sullo strapiombo dal quale poi si getterà.
Che cosa avviene in scena in quel momento?
In quel momento Mefistofele ha vinto e, avuta l’anima di Faust, la scena già di un bianco allucinato e clinico è pervasa da una magma nero. Una plastica nera che scivola come fosse un blob.

Come hai realizzato tecnicamente questa colata?
Ho usato un vinile nero lavorato in due strati dando del volume allo strato superiore in modo che sembrasse materico, un po’ alla Alberto Burri, per intenderci. Il vinile è fatto scendere lentissimo con 5 tiri diversi e in quinta proprio per dare il senso di magma in colata.

Quale è stato l’effetto tecnicamente più impegnativo?
La cosa più difficile in questo spettacolo è stato sicuramente l’uso della telecamera e dei video, perché in realtà, oltre ai video live ce ne sono molti preregistrati. Abbiamo costruito un tunnel in sala prove e vi abbiamo girato le scene. Un trucco di cui il pubblico in realtà non si accorge.